Pagina di diario 11 Novembre 2017
Al cospetto del faro tolgo il cappello e sciolgo i capelli. Lascio sugli scogli anche lo zaino che non abbandona mai le mie spalle.
Appoggio la stanchezza a terra vicino ai miei piedi. Giro le spalle alla vastità del mare, alla partenza che tanto mi attrae, alla fuga che mi è sempre a fianco. Davanti al faro lascio a terra anche la macchina fotografica e finalmente rilasso le mani.
Resto ferma sulla punta della scogliera grigia e tagliente che scivola aspra fino all’acqua. Davanti a me solida stabilità, io invece ripropongo alla scogliera la schiena, che è quanto di più doloroso e fragile mi resta dopo che il cuore se l’è preso la tempesta lasciandomi naufraga.
Che venga a prendersi il resto. Che venga ad aprirmi questa schiena malandata e mi strappi l’anima. Che io resti così come sono: con il cuore spezzato e la schiena a pezzi.
Davanti al faro mi scopro senza edifici in cui nascondere i pensieri. Barcollo storta e contorta come legno d’ulivo.
Con un respiro profondo inclino il capo e porto la mente altrove, verso il mare; lascio che sia il suono delle onde calme del mattino a cullarmi il cuore come una ninna nanna.
Vorrei avere le parole giuste per raccontarti quanto assomigli a questa scogliera ruvida, quanto vorrei essere indomita come il faro, e quanto invece io mi scopra terra inospitale e tagliente, che per raggiungermi a piedi nudi si resta feriti e io mi senta colpevole di essere scoglio su cui si infrange ogni dolce bellezza.
In alto sulla collina vedo fiori delicati; accanto ai miei piedi, tra le rocce, cardo e gramigna, ed io, che mi scompongo come un soffione sotto lo sguardo del faro che mi fa da porto ora, così che possa lasciare andare questo relitto che mi sento addosso e sperare di non vederlo tornare con la prossima marea.
Al cospetto del faro tolgo il cappello e sciolgo i capelli. Lascio questa lettera al vento di scirocco come gabbiano di carta.